mercoledì 17 ottobre 2007

"Lettere contro la guerra" di Tiziano Terzani - Tea - € 7,00


....come sempre scrivere di tiziano e dei suoi racconti è un'impresa ardua, non per la mancanza di parole o di spunti, al contrario per le infinite emozioni che suscita il suo Raccontar-la-realtà.... e quindi mi ritrovo a "baciare" la copertina al termine della lettura (non sia per emulare riti religiosi, non mi permetterei mai) con un'unica amarezza che mi avvolge, la stessa identica sempre dopo ogni suo libro: l'impossibilità di averlo accanto, seduti davanti ad un camino, ad un buon bicchier di vino e sentire dalle sue labbra quei racconti, ammirare le sue espressioni, perdermi nel tono della sua voce...
L’attacco terroristico dell’11 settembre viene interpretato da Terzani come una buona occasione. Un momento di riflessione, una presa di coscienza, una sorta di Campanello assordante che sveglia l’uomo inducendolo a ripensare tutto, rivalutare e rielaborare la propria concezione della vita. Sfruttando la sua innata passione per le lettere -fossi nato ricco e trecento anni fa avrei solo voluto viaggiare il mondo per scrivere lettere- inizia un rapporto epistolare destinato a chiunque fosse disposto a mettersi in gioco.La prima, scritta da Orsigna il 14 settembre indirizzata al Corriere della Sera, pubblicata in prima pagina il 16, porta come titolo “Una Buona Occasione” e come messaggio la teoria della Non Violenza, dell’Odio che genera solo Odio, con un’accurata analisi del mondo musulmano, dei suoi drammi, delle ragioni dei terroristi e del ruolo che ha l’islam come ideologia anti-globalizzazione. Oltre che a scuotere l’animo di qualunque lettore, questa riflessione sveglia la passione, messa a tacere da anni, per scelta, di Oriana Fallaci che risponde il 29 settembre con un articolo di 4 pagine sul Corriere Della Sera.
La Buona Occasione, tanto sperata da Tiziano, viene reinterpretata e storpiata dalla scrittrice che si dedica pienamente nel negare le ragioni del nemico nonché la sua umanità. Di conseguenza la risposta non tarda ad arrivare e l’8 ottobre esce sul Corriere una lettera indirizzata personalmente alla concittadina esule in america. Scrive, Terzani, come rappresentante di quei lettori rimasti sbigottiti dalle sue parole quasi più del crollo delle due torri: -la morivano migliaia di persone, e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana, la ragione; il meglio del cuore, la compassione- e affronta temi attualissimi come la responsabilità della stampa (o lingue sciolte) che mai deve servire a risvegliare gli istinti più bassi, a provocare, ad aizzare, o semplificare in modo errato ciò che è complicato, dipingendo solo in bianco e nero. Al contrario può rivelarsi strumento di rieducazione è del modo di pensare è del modo di stare al mondo.
Quel mondo Visto da Terzani, composto da tanti colori, mille sfumature che mai possono essere appiattite o offuscate dalla globalizzazione dal “fare di tutta l’erba un fascio”. Grazie ai suoi tanti viaggi, soprattutto nel continente asiatico, dispone di una tavolozza infinita come infinite sono le persone e le situazioni da lui stesso affrontate, conosciute. Sta proprio nell’accettare con rispetto le diversità che si può ricostruire un futuro di pace. Sette lettere, da Orsigna e Firenze, da Peshawar a Kabul a Delhi, per fermarsi sull’Himalaya, riportano lo studio dei diversi contesti, e la ricerca delle differenze tra l’innocenza di un bimbo morto sotto le bombe dei B52 e quella di un americano sepolto sotto le torri, le diversità tra un uomo occidentale cinico, insensibile prodotto dalla società di sviluppo e ricchezza e un uomo col kalashnikov che sta ad ogni angolo di kabul. Entrambe le realtà si equivalgono essendo uguali esempi di uno stesso fenomeno: quello dell’uomo che perde la propria coscienza che mette ai primi posti il suo ruolo nell’universo credendosi Dio.
L’ occasione è di capire una volta per tutte che il mondo è uno, che ogni parte ha il suo senso, che è possibile rimpiazzare la logica della competitività con l’etica della coesistenza, che nessuno ha il monopolio di nulla, che l’idea di una società superiore ad un’altra è frutto di ignoranza, che l’armonia, come la bellezza, sta nell’equilibrio degli opposti e che l’idea di eliminare uno dei due è semplicemente sacrilega.(…) il cammino è lungo e spesso ancora tutto da reinventare. Ma preferiamo quello dell’abbruttimento che ci sta dinanzi? O quello, più breve, della nostra estinzione? Allora : Buon Viaggio! Sia fuori che dentro.

seby


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