L’assassino è dentro di noi
- Mario?
- Cosa c’è?
- Sono le quattro.
- E sei ancora sveglia? – sbuffò il marito, parlando quasi nel sonno e rivoltandosi sul letto. Dormiva sopra il lenzuolo. La notte era calda. Una calda notte d’inizio estate. Ventotto gradi all’ombra della luna. La finestra era aperta e le pale del ventilatore giravano lente. Velocità 1. Giravano.
- Non è tornato? – chiese sua moglie, fissandolo dall’altro lato del letto. Portava una camicia da notte leggera, con le spalline. Le braccia mostravano un primo accenno d’abbronzatura, frutto di un paio di week end al mare e di alcune code in autostrada.
- Non è tornato? Ma hai guardato in camera sua? – borbottò un po’ più sveglio, senza aprire gli occhi. Il ventilatore smuoveva piacevolmente l’aria su di loro. Le pale giravano. Giravano.
- Non c’è. Non è tornato – sentenziò con apprensione la moglie.
- Quando torna mi sente – ringhiò il su disteso Mario, considerando con questo la conversazione conclusa e cercando di rimettersi a dormire.
- Sono preoccupata – ansimò la donna con cui condivideva il talamo nuziale da un numero ormai forse eccessivo d’anni.
- Non devi. Arriverà. I ragazzi sono così – conversare a quell’ora era un esercizio penoso. Mario non poté non pensare che le donne parlano sempre troppo e fuori luogo. In quel caso fuori tempo. Notte fonda, perdio!
- Ma aveva promesso di essere a casa prima di mezzanotte – insistette sua moglie Sara, ansiosa come ogni madre in simili situazioni.
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